Con molto piacere, presentiamo ai nostri lettori un articolo di
Marco Politi incentrato sul
viaggio di Benedetto XVI a Berlino, un viaggio che al di là delle misure prese dalla polizia per mantenere la sicurezza, suscita la considerazione per un ben diverso grado di allarme, quello dovuto alle
"inquietudini" del clero e della società tedesca, oggi più che mai ansiose di rinnovamento. Un problema - come spiega Politi - non solo tedesco ma diffuso in molte regioni del pianeta, a partire dall'America Latina, e che sottolinea la
distanza tra la Chiesa e i suoi fedeli, che a ogni latitudine sono sempre più consapevoli, interconnessi e, dunque, dialoganti. E desiderosi di maggiori libertà.
Nessuno è profeta in patria
di Marco Politi
in “il Fatto Quotidiano” del 22 settembre 2011
Papa Ratzinger arriva stamane nella più grande città turca dell’Occidente: Berlino. Il capo dello Stato Christian Wulff è un cattolico divorziato e risposato. Il sindaco Klaus Wowereit è un gay dichiarato. Il presidente del Bundestag Norbert Lammer è un democristiano, che ha appena sottoscritto un testo in cui chiede di esaminare l’ipotesi di un clero sposato. Venerdì a Erfurt, nel convento agostiniano dove si formò Martin Lutero, una donna lo accoglierà a nome del Sinodo delle Chiese evangeliche tedesche. Benedetto XVI arriva in una nazione dove la comunità più forte è quella degli indifferenti e dei “non appartenenti” ad alcuna religione: 40 per cento della popolazione. È la secolarizzazione, bellezza!
LA POLIZIA ha proclamato il grado d’allarme numero 1. Allerta totale come si è avuta solo per i capi di Stato di America, Russia, Israele e Afghanistan. Al Bundestag, il parlamento federale, si aspetta un discorso su Dio e l’Europa. A Erfurt il vertice dei protestanti spera in un impulso, seppur piccolo, al dialogo ecumenico. A Friburgo, ultima tappa, Benedetto XVI incontrerà il “Comitato centrale dei cattolici tedeschi”, l’influente organizzazione che riunisce il laicato cattolico. I problemi sollevati dal cattolicesimo di base e riassunti nel memorandum dei trecento teologi rappresentano una sfida per il pontefice venuto da Roma. In Curia i ratzingeriani doc sostengono che le richieste del memorandum sono “la solita roba della contestazione in Germania”. Ma il professore Gerhard Kruip, professore di antropologia cristiana ed etica sociale all’università di Magonza, ribatte a nome dei firmatari. “Sono problemi che si trascinano da cinquanta, sessant’anni e bisogna finalmente affrontarli. Ci troviamo in una situazione di stallo delle riforme. Intanto si allontanano i fedeli, che non si ritrovano più a casa nella loro Chiesa”.
I PROBLEMI non sono solo tedeschi, ma si avvertono anche in America latina e in altre parti del mondo. “Aumenta la distanza tra fedeli e Chiesa istituzionale”. Spiega Kruip al Fatto che il Vaticano “non tiene in considerazione le Chiese locali, non sceglie i vescovi maggiormente orientati in senso pastorale, non concede il nulla osta a teologi troppo liberi, non permette la discussione sui temi più scottanti. Tutto diventa tabù”. Discutere del clero – se sposato o no – è cruciale perché spesso un solo prete deve correre tra quattro parrocchie. “Diventa commesso viaggiatore dei sacramenti”. Non più un “curatore d’anime”, punto di riferimento rispettato, sempre pronto ad aiutare. È la frattura nella secolare tradizione del parroco cattolico. E come chiudere gli occhi dinanzi le tante giovani cattoliche, che se ne vanno dicendo: “Non posso coinvolgermi in una Chiesa che per principio esclude le donne dalle funzioni principali”? Chiedo a Kruip cosa si aspetta. “Sono incerto. Spero che il Papa dirà che la Chiesa si muove e sono possibili riforme. Vorrei ci portasse speranza e non la perdita della speranza”.